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008 - A volte ritornano - Parte 1

  • Immagine del redattore: Max Pinkle
    Max Pinkle
  • 11 feb 2018
  • Tempo di lettura: 8 min

RACCOLTA DI RACCONTI

Titolo originale: Night Shift

Prima pubblicazione: Febbraio 1978

Casa editrice: Doubleday

Nr. pagine: 336

Hai mai sentito parlare del film Il promontorio della paura, del 1962? O più probabilmente il più recente Cape Fear del 1991, di Martin Scorsese? La storia è opera di un grande scrittore americano di gialli, suspense e fantascienza: John D. MacDonald (1916 – 1986), un autore molto apprezzato dagli estimatori del genere, soprattutto al di là dell'Oceano (no, non ha niente a che vedere con la nota catena di panini al cartone).


Ti parlo di lui perché nell'introduzione alla raccolta di racconti Night Shift, uscita nel '78 a firma di Stephen King, MacDonald scrive parole d'oro sull'autore (e amico, presumo) e sulla scrittura in generale. Non considera centrale alla produzione kinghiana il fatto di raccontare storie di “spettri, intcantesimi e ruzzoloni in cantina”, ma la sua capacità di scrivere efficacemente. Tanto, bene e soprattutto con costanza:

(...) la diligenza forzata è quasi sufficiente. Ma non basta. Bisogna avere il gusto delle parole. Esserne ghiotti. Bisogna desiderare di rotolarcisi dentro.

Comunque dà atto a King di saperci decisamente fare con la sua materia preferita, consapevole che

Due dei generi più difficili in cui cimentarsi sono l'humour e l'occulto. In mani incapaci, l'humour diventa funebre e l'occulto diventa comico.

Amen.

A seguire l'introduzione di MacDonald incontriamo una prefazione scritta da Steve King in persona: per la prima volta dialoga col proprio lettore, parlandogli in seconda persona, iniziando così una prassi che ritroveremo anche in altri suoi lavori. In Italiano l'inizio fa: “parliamo, voi e io”; ma sono convinto che “you and me” in questo caso significhi “TU e io”.


(L'avrai già capito, ogni tanto piace dare opinioni discutibili. Come? Sto copiando King nel mio blog? Ma ti pare che io ti dia del tu per imitare uno che non mi piace nemmeno tanto? Dai, su, non siamo ridicoli! Va' avanti a leggere, per piacere)

Dialogando (anzi, monologando) col lettore, King ci presenta una spolveratina di passaggi autobiografici che ai fan piace sempre ritrovare, e una dissertazione sull'orrore (inteso come genere, ma anche come sentimento umano). Stuzzica il piacere di curiosare dietro le quinte, se così vogliamo dire.

A seguire introduzione e prefazione arriva “la ciccia”, ovvero una lunga sequenza di racconti. La casa editrice (l'ormai inseparabile Doubleday) e King ritennero di raccoglierne venti, alcuni inediti, altri pubblicati precedentemente su riviste e periodici. Vedremo quali uno per uno, quindi ti lascio l'ormai consueto avviso: mi toccherà descriverne brevemente le trame, quindi questo post potrebbe diventare totalmente off-limits da qui in poi, per chi non volesse la sorpresa rovinata dal sottoscritto.

Ok, adesso sono a un dilemma. Come faccio a rendere appetibile un post che deve descrivere 20 storie? Ci ho pensato a lungo: rischierò in ogni caso di risultare noioso e prolisso, ma vorrei evitare di mettermi a stilare un elenco di titoli di racconti, seguito da un ancora più lungo elenco di titoli di film, come un macaco addestrato. Ho deciso quindi di dividere il post in più parti, spendendo qualche parola su ogni storia contenuta ed eventualmente sui film che ne hanno ricavato. Credo che l'unico modo per capire se funzionerà sia provarci e vedere il risultato: se al prossimo giro avrò due lettori so che li avrò persi tutti oggi. Ma devo vedere coi miei occhi. E' una variazione scettica del sado-masochismo, il SanTommaso-chismo.


Sì, faceva cagare, lo so. Scusa.


In Italia il libro fu pubblicato da Sonzogno nel 1981 con il titoto A volte ritornano, rubato da uno dei racconti contenuti.


Prima di entrare nel vivo dei singoli racconti concedimi una piccola digressione. Quando si pensa a un film è inevitabile farsi venire in mente la classica uscita invernale al cinema, o il divano di casa, con i pop-corn e un DVD pronto da inserire nel lettore, o un dispositivo con Netflix avviato per la quotidiana overdose di serie TV. Ma, facci caso, nessuno, a parte i fanatici o gli addetti ai lavori, pensano mai alla forma del cotrometraggio. Nel caso di King, e in particolare dei suoi racconti, esiste un mondo cinematografico parallelo, fatto di short movies ed esperimenti da parte di registi indipendenti, studenti universitari e artisti vari; un sacco di materiale che raramente supera il minutaggio di mezz'ora.

Questo universo deve la propria esistenza ad un gesto di generosità da parte di Stephen King: il Dollar Deal. Già dal '77 la sua popolarità, infatti, era sempre più crescente, e in molti chiedevano di poter comprare i diritti sulle sue storie, compresi i racconti, allo scopo di realizzarne film. King vide in questo periodo l'occasione buona per

give back a little of the joy the movies had given me (restituire un po' della gioia che i film mi hanno regalato)

e inventò una forma contrattuale, per cui, in cambio di un dollaro, un film-maker otteneva il diritto di realizzare una sceneggiatura teatrale o un film a partire da un racconto (non da un romanzo), con la clausola che i diritti non erano ceduti in esclusiva, ma rimanevano nelle mani dello stesso King, che poteva quindi cederli nuovamente ad altri registi (ecco perché ci sono numerosi cortometraggi per lo stesso titolo). Il regista si impegna a non distribuire commercialmente il film senza l'approvazione di King e a spedirgli una copia dello stesso; Stephen li conserverà su una mensola marcata con la dicitura Dollar Babies. In seguito cercherò di trasmetterti le informazioni sui Dollar Babies relativi a ogni racconto della raccolta, ma è un mondo talmente in evoluzione (e attivissimo anche oggi), che sarà impossibile lasciare fuori qualche informazione. Se ne sai qualcosa in più, quindi, ti invito a notificarmelo. Intanto segnalo un prezioso sito, oltre a Imdb, dal quale ricavare notizie, interviste e curiosità su questi cortometraggi.



Bene, apriamo le danze col primo racconto: 1 - JERUSALEM'S LOT

Continua il quiz: dopo John D. MacDonald, hai mai sentito parlare di Howard Phillips Lovecraft? Non dovrei presentarti questo originalissimo scrittore in poche parole, ma se proprio dovessi farlo quello che mi viene in mente così su due piedi è: il Leopardi del Gotico Americano. Questo racconto rivela l'ammirazione di King nei suoi confronti. Parliamo di un uomo vissuto a cavallo fra il diciannovesimo e il ventesimo secolo (morì nel 1937), e anche questo racconto è ambientato a metà Ottocento, una delle poche storie di King collocate in un'epoca così lontana: tendenzialmente infatti il nostro Steve tende ad ambientare i propri lavori nel presente, salvo eccezioni (e sulla sua sterminata produzione le eccezioni sono comunque un nutrito numero).

Oltre al posizionamento temporale, King ne emula un po' anche lo stile (racconto epistolare) o quantomeno la tipologia di vicenda raccontata.



Ecco un sunto: 1850, Preacher's Corner, Massachusetts (ennesima località fittizia); Charles Boone e il domestico Calvin McCann prendono posto nella casa lasciata loro dal cugino di Boone, tale Stephen. In un nascondiglio trovano la mappa di una vecchia città abbandonata, Jerusalem's Lot: decidono di andare ad esplorarla e trovano il villaggio abbandonato, con la sua chiesa al centro della piazza. Nella chiesa trovano segni di un sacrilegio, una croce rovesciata e un libro in rune druidiche e latino, il De Vermis Mysteriis; in quel mentre qualcosa esce dal sottosuolo e i due se la danno a gambe (come nel migliore episodio di Scooby-Doo, ma con quello sgomento letterario tipico dei racconti ottocenteschi).

Ormai noi che abbiamo visto La Casa e miliardi di altri film del genere sappiamo bene cosa succede a sfogliare i libri dei morti scritti in lingue altrettanto morte: si risvegliano i morti, che altro può succedere? E infatti Charles e Calvin tornano a casa, ma ormai tutto il paese si mostra superstiziosamente ostile nei loro confronti, mentre la casa stessa è pervasa da rumori inquietanti DENTRO i muri. Qualcosa come “ratti nei muri”, e guarda caso Lovecraft nella sua carriera scrisse anche un racconto intitolato Rats in the walls (ratti nei muri, per l'appunto).

Il racconto era inedito, al contrario della maggior parte degli altri inclusi nella raccolta.

Fu inevitabilmente collegato al romanzo Salem's Lot (anche se di comune c'è soltanto il nome della cittadina maledetta, che tra l'altro nel romanzo è in Maine, non nel Massachusetts) e infatti appare nell'edizione speciale illustrata di quest'ultimo, uscita nel 2005.


Comparve anche in un'altra versione, illustrata da Glenn Chadbourne, nella raccolta The secretary of dreams pubblicata da Cemetery Dance Publications nel Dicembre 2006.

Se sei un appassionato nostalgico di vecchi computer e in particolare dello Spectrum ZX, ho scovato un curioso videogame realizzato dallo spagnolo Salvador Camacho nel 2009, intitolato appunto Jerusalem's Lot. Si tratta di un'avventura testuale a risposte multiple.


I FILM

Questo racconto non ha ispirato nessun lavoro per cinema o TV.


C'è però un cortometraggio in bianco e nero di 4 minuti, intitolato Message from Jerusalem, uscito nel 2011 per la regia di Kristian Day.

Questo corto è particolarmente criptico e visionario, tanto che sinceramente non avrei mai capito fosse riferito a questo racconto; ci vedo più che altro un omaggio alla cittadina di Jerusalem's Lot in sé.

Però le immagini sono inquietanti e claustrofobiche, come l'atmosfera trasmessa dal racconto.


Comunque, chi sono io per giudicare? Ti lascio direttamente il link per valutare: buona visione!





2 - SECONDO TURNO DI NOTTE

Titolo originale: Graveyard shift


Il secondo racconto della raccolta fu pubblicato originariamente sul numero di Ottobre della rivista Cavalier, nel 1970.

Anche questo ambientato in una piccola cittadina del Maine, racconta i rischi legati alla malsana idea di avviare grandi pulizie negli scantinati di uno stabilimento tessile: Hall (un ex vagabondo che lavora alla fabbrica) riceve dal perfido titolare (Warwick) l'offerta di unirsi alle squadre che questi sta organizzando per pulire gli scantinati chiusi da anni, vista l'ormai insopportabile presenza di ratti nello stabile.

Le squadre liberano con gli idranti tutti i locali, ma sembra che i ratti si moltiplichino, disturbando l'operazione. Man mano che gli uomini procedono trovano ratti sempre più grossi, ciechi ed aggressivi. Durante lo sgombero si scopre anche un ulteriore livello nel sottosuolo, sconosciuto prima; Warwick e Hall scendono per vedere cosa ci sia laggiù e scoprono così un ratto cieco e senza arti, grande quanto una mucca, atto a partorire altre centinaia di topastri mutanti. Va a finire con un bel rivoltante banchetto.

Questo racconto ci lascia traccia di un King molto “leggero”, poco impegnato. Però è un vero omaggio a quelle rivistacce horror degli anni '50 tanto care al nostro Steve, che spesso le cita come fonte di ispirazione per i suoi lavori.

I FILM

Da non confondersi con un Graveyard Shift del 1987 che parla di tutt'altro, è uscito un solo film nel 1990 per questo racconto:

LA CREATURA DEL CIMITERO

Titolo originale: Graveyard shift

Data di uscita (USA): 26 ottobre 1990

Regia: Ralph S.Singleton

Sceneggiatura: John Esposito

Company: Paramount Pictures

Durata: 89 min

Formato: 1.85:1

Budget: $10.500.000

Incasso USA: $11.580.000

Incredibilmente, vista la discreta inconsistenza di questa storia, il film non è pessimo. Lo sceneggiatore si è concesso qualche libertà, come ad esempio la presenza femminile di Jane, un'operaia assegnata alle squadre di pulizia, e la presenza di mostri che sembrano pipistrelli mutanti, oltre ai ratti.

Più che il sangue, in questo film è il sudore a scorrere a litri: per quasi tutto il tempo i personaggi sono degli Sterminatori di Ratti sudati come Trinità, vestiti come i Ghostbusters e arrabbiati come Rambo, e per qualche strambo motivo tutto questo trash me lo fa piacere ancora di più.

Non si tratta comunque di un capolavoro, sia ben chiaro. Al massimo un cult.

Il film è stato girato interamente nel Maine, fra il giugno e l'agosto del 1990.

Per motivi incomprensibili, sulla VHS della versione americana spicca un bell'adesivo di divieto ai minori di 18 anni!



Credo di poter smettere qui, per evitare di ucciderti di noia. Per i due superstiti che leggeranno ancora questo blog, ci rivediamo alla prossima puntata: A volte ritornano - Parte 2, che inizierà con uno dei miei racconti preferiti: Risacca notturna.

Max Pinkle


PS: la mia edizione è la più bella del mondo, dei Grandi Tascabili Bompiani, con il camion assassino in copertina, presentato come “una scena dal film Brivido”, anche se A) non si tratta di una fotografia ma di un'illustrazione, quindi non potrebbe per definizione essere “una scena dal film”, e B) non è una scena dal film.

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